Capitolo 3
Ci terrei a premettere che io amo mio figlio. Lo amo infinitamente tanto. Ma questo non basta. Purtroppo il mio amore non basta e non basterà mai per capire. Per quanto mi sforzi non sarò mai in grado di comprendere le reazioni che avvengono in quella sua contortissima mente. Non so come comportarmi con lui, non so cosa dirgli quando mi è di fronte. Riesco solo ad abbassare gli occhi, riesco solo a fuggire dal suo viso. Non so proprio cosa fare. E' sempre chiuso in camera a leggere o scrivere lunghissime forme senza capo né coda. E poi passa rigorosamente tutte le serate con quel suo binocolo. Qualche volta provo a stare con lui per fargli compagnia, ma mi pare solo di essere un peso inutile, un ostacolo che rallenta ogni sua ricerca. "Posso fare qualcosa? Posso aiutarti in qualche modo?" Mi risponde sempre che posso starmene pure seduta. Ogni tanto al massimo mi chiede di passargli una matita o una penna. Ma come è possibile che si sia ridotto a vivere in questo modo? Sembra completamente estraniato da alcuna relazione. Non esce mai di casa se non per fare jogging (continua a ripetere che deve tenersi in forma). Non l’ho mai visto in compagnia di un amico, figuriamoci poi di una ragazza! Ho paura che si senta solo, abbandonato da tutto e da tutti. Mi sento in colpa per come l’ho cresciuto, mi sento in colpa per tutto ciò che faccio. Ma poi continuo a ripetermi che non è colpa mia! "Non è colpa mia, non è colpa mia!" Del resto è vero: non è certo colpa mia se mio marito è scomparso quando Antonio aveva appena quattro anni. E così io ero sempre al lavoro. Tutto il giorno lontano da mio figlio negli anni più critici del suo sviluppo. Ma dovete capire che non potevo fare altrimenti. Da qualche parte dovevo pur guadagnare i soldi per l’affitto, per il cibo, per la scuola… per tutto insomma!
Cosa ho fatto per meritarmi questo? Vorrei tanto sapere cosa ho fatto.
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