Sunday, May 23, 2010

Alla ricerca del gatto perduto

Dov'è il mio gatto?
Voi l'avete visto?

"Vado a prendere le sigarette e poi torno", ha detto.

E' sparito così, in una piovosa serata di fine primavera.
Eppure io lo sapevo. Sapevo che sarebbe successo.
Erano anni che cucivo ogni giorno una lunghissima tela. Prima o poi quel giorno sarebbe arrivato.
Le maniche del mio kimono bagnate di lacrime.
Il suono di un koto appoggiato per terra.
Scimpanzé sovrappeso che masticano bucce di banana.

Quanto tempo passerà? Un mese, un anno?
Forse non tornerai mai.
E' stato bellissimo, come la rugiada sull'erba di prima mattina.
Un attimo che è fuggito lontano.


P.S.
Ho lasciato le lasagne in frigorifero. Devi solo scaldarle un attimo nel microonde.

Saturday, February 20, 2010

Cibo matto

Comunicazione di servizio.
I signori viaggiatori sono pregati di allacciarsi le cinture.

Mi sono tagliato la barba. Una rasatura impeccabile. Ora ho la pelle liscia come quella di un bimbo di 3 anni.
Domani dovrei tagliarmi anche i capelli e le unghie.
Credo che tutto questo tagliare porterà un gran bel cambiamento.
Pelata la testa, sbarbata la guancia, disossata la pelle, finalmente potrò essere infornato, cotto per un paio d'ore a 200 °C (ricordatevi di mettere un filo d'olio nel tegame di modo che non attacchi) e mangiato in compagnia di patate e riso.
Riso, non pane. Il pane non mi si addice. E' troppo europeo il pane. Troppo francese. Non che io abbia nulla contro i Francesi, anzi io amo i Francesi. Ma li amo proprio perché non sono un Francese. Insomma, amo mangiare il pollo fintanto che il pollo non sono io. Però se proprio fossi un pollo pregherei di essere un pollo al curry.

A proposito di pollo al curry...
Ieri mattina mi sono svegliato e pioveva. Ho aperto le ante della mia stanza per guardare fuori, il grigio dominava su tutta la città. Poi ho fatto colazione insieme ad un pianista giapponese. A dire la verità non amo fare colazione con altre persone. E' un pasto troppo piacevole e troppo importante. Non si può parlare, non si può ridere, ascoltare, fumare, guardare, odiare. Si può soltanto amare in silenzio. La colazione è un atto d'amore. Amore verso il cibo. Amore infinito.



E comunque se proprio non vi piace il riso va bene anche il pane.



Friday, January 22, 2010

Pata Pon

E' quantomeno divertente, se non esilarante, rileggere i propri vecchi post. Post di un io che ormai non esiste più. Sono passati solo pochi mesi, ma quell'io disperato, perennemente infelice come la neve sopra i duemilametri, sembra morto e sepolto, sprofondato negli abissi dell'oceano pacifico. Sembra perfino impossibile che quella persona, che poi è la stessa persona che ora sta scrivendo, fosse così incredibilmente sfigata. Roba da prima pagina dei giornali, da edizione speciale del telegioarnale! Il principe degli sfigati. Definizione corretta, definizione geniale.
Però allo stesso tempo, nascosta dietro le risate, c'è un briciolo di malinconia. Dall'alto della mia attuale stabilità emotiva, dall'alto della mia nuova capacità di relazionarmi con gli altri e di affrontare i problemi d'ogni giorno con un sorriso a trentadue denti (a dire la verità non so quanti denti possieda un uomo), mi rattrista rivedere fotografie di quell'io. Ero innamorato e ne ero orgoglioso. Quell'amore mi riempiva, nel bene o nel male.
Ora invece mi sento terribilmente vuoto. Quando penso all'amore devo per forza ricercare qualche briciola, qualche rimasuglio di latte scaduto e lasciato nel frigorifero per dei mesi. Roba vecchia che ormai sta perdendo significato. A quel tempo ero così maledettamente infelice,
ma anche così fottutamente felice!

Friday, October 2, 2009

Transfer Paper Chopper

Venezia des'!
Ecco, mi son trasferito in una città strana. Senza macchine, senza alberi, senza palazzoni ultrapostcyberpunk, senza semafori. Piena di turisti, piena di anticaglierie, piena di acqua, piena di se stessa. Una città dove fa sempre un caldo madornale e dove si suda anche solo a parlare. Una città indubbiamente strana.
Ma intanto, però, nonostante tutto, sebbene ciò, posso dire che mi sta piacendo, mi sta piacendo molto, moltissimo, troppo. Sto bene e mi diverto.
e con questo è tutto.

Monday, September 14, 2009

Mister Sandman

Tornato da Venezia, dal Lido, dal mondo delle fiabe.
E così mi viene sbattuta in faccia la tremenda realtà: qua a Bergamo non c'è proprio un cazzo da fare. Una città di merda, con la M maiuscola, insozzata di marrone e fumante di quel tipico aroma di tazza del cesso intasata.

Torno a casa con due film in mente, due modi di fare cinema e due modi vivere l'esistente. DEV.D e Mr. Nobody. Nessuno dei due forse può essere considerato un capolavoro duro e puro, ma sicuramente entrambi hanno qualcosa, qualcosa di importante, qualcosa di indefinibile e di indefinito, qualcosa che ti fa uscire dalla sala con un cotton fioch infilato nel naso per frenare la perdita di sangue dovuta ad un'emorragia cerebrale indotta dal forte impatto emotivo.
Due film a cui continuo a pensare. Due film che crescono, si evolvono e si trasformano nel mio piccolo cervello. Due film e due colonne sonore cazzutissime che non riesco a smettere di ascoltare.


Mister Sandman, bring me a dream!

Sunday, September 13, 2009

Biancheria Intima Capitolo 7

Capitolo 7

Sei mesi dopo il telefono di Francesca squillò. “Pronto, chi parla? Antonio, sei tu! Allora finalmente mi chiami! Dai, sono usciti i risultati? Insomma, dimmi com’è andato il concorso. So perfettamente che era quasi impossibile passare, quindi, prima ancora che tu mi risponda voglio dirti una cosa. Tu per me sei la persona più incredibile che esista su questo pianeta! In qualunque modo sia andato quello stupidissimo concorso, che tu sia passato o meno, sappi che per me sarai sempre il migliore pirata spaziale di tutte le galassie!”


Così gli disse. Qualche lungo secondo di silenzio si frappose tra i due, quasi a rimarcare la grande distanza che li divideva. Chissà cosa stavano vedendo in quel momento, chissà cosa vedevano divisi da un oceano mentre ascoltavano in silenzio il reciproco respiro. Le loro mano destre stringevano la cornetta di un telefono vuoto di parole.

Ma tu la sapevi la storia della biancheria intima? Praticamente un astronauta che sta un mese in orbita non ha mai la possibilità di cambiarsi. Cioè per un mese intero devi tenerti addosso lo stesso paio di mutande! Chissà perché, ma quando era un bambino non c’avevo mai pensato. Mai, neanche una volta mi aveva sfiorato la mente questo pensiero.

Antonio cominciò a ridere.

Non ti pare pazzesco!?




FINE

Biancheria Intima Capitolo 6

Capitolo 6

Concorso internazionale per poter diventare astronauti civili.

In gioco: un soggiorno di un mese sulla piattaforma europea. Dieci posti a disposizione su un totale di diecimila iscritti. Dieci posti. I primi dieci. Pochi. Una guerra intellettuale per giungere a un traguardo distante migliaia di chilometri. Tutti contro tutti. Uno tsunami, uno juggernaut che avrebbe risparmiato dieci persone. Dieci eletti, dieci prescelti. Pochi, anzi, pochissimi.

“So perfettamente come ti senti e so perfettamente cosa stai pensando. Lo so. E ti capisco. Probabilmente non ci vedremo per molto tempo. Tu dovrai andare all’estero per il concorso, e poi... poi se passerai il concorso dovrai rimanere dei mesi per la preparazione tecnica e fisica. So tutto e non voglio che tu ti preoccupi. So che questo è sempre stato il tuo sogno. E' la tua vita. Io non ti fermerò, non lo farei mai!”

I due si separarono.

Antonio si chiuse in un mondo lontano dal mondo. Iniziò a prepararsi, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. Ogni attimo presente era in funzione del suo futuro, in funzione del giorno in cui avrebbe superato il concorso, il giorno in cui il pulcino si sarebbe finalmente staccato dal nido per spiccare volo e diventare ciò che aveva sempre voluto essere.

Sunday, August 9, 2009

Biancheria Intima Capitolo 5

Capitolo 5

E tu che cosa vorresti fare?

Voglio diventare un astronauta!

"Davvero? Ma è fantastico! A me invece interessa più la ricerca inerente la produzione dei robot esploratori." Rispose uno. "Io spero di trovare occupazione per la progettazione degli shuttle." Intervenne un altro. "Io ancora non so bene, tutto ciò che riguarda lo spazio mi appassiona da morire. Voglio riuscire a trasformare questa mia passione in mestiere, sai, in modo da vivere facendo ciò che più mi piace." Disse un altro ancora.

Bastò pochissimo tempo ad Antonio per rendersi conto di essere finalmente approdato al primo traguardo. Non era lo spazio, non era il tanto amato cielo, ma almeno ora si trovava in un luogo dove poter condividere il proprio mondo. Era finalmente salito su un missile che lo avrebbe portato molto lontano. "Benvenuto a bordo! Le presentiamo gli altri membri dell'equipaggio." Ognuno a suo modo diversissimo, ognuno a suo modo rincorreva un obiettivo diverso, ma tutti avevano in comune quel piccolo grande centro di gravitazione attorno a cui giravano come delle orbite attorno a un pianeta.

"Ciao. Ti sembrerà un po' assurdo, ma la verità è che mi sono iscritta a questa facoltà perché non sapevo bene cos'altro fare. Sai, essendo grande appassionata di fantascienza. Infatti più che altro mi piacerebbe fare la scrittrice. Però è così difficile farsi pubblicare un libro oggigiorno, così ho pensato di formarmi in una materia scientifica, invece che fare lettere. Non voglio finire a fare l'insegnante in una scuola media! E magari in questo modo troverò anche l'ispirazione per scrivere romanzi di fantascienza."

Proprio come Asimov insomma!

"Ah, quasi dimenticavo... mi chiamo Francesca, piacere di conoscerti."

Di colpo, senza nemmeno accorgersene, Antonio iniziò a frequentare una sua compagna di corso. All’inizio pensava che fosse solo un modo per rilassarsi, un modo per distrarsi da quella dose infinita di dati. Poi però si accorse che era qualcosa di più d’un semplice sfogo. Era una nuova passione. Un nuovo amore. Un amore immenso. Un amore troppo grande.

Antonio iniziò ad avere paura. Iniziò a pensare che tutte quelle idee, le stelle, i pianeti, lo spazio, sarebbero stati per sempre solo e solo un sogno. La sua vita sarebbe trascorsa ancorata a quel piccolo pianeta di provincia. Una donna, una casa, dei figli. Una vita normale, vestito da insegnante, vestito con l'abito della sconfitta, di chi si è fatto abbattere dal primo ostacolo. Tutto ciò gli faceva paura, una tremenda paura. Non riusciva proprio a sopportare l’idea che un giorno sarebbe diventato un uomo come tutti gli altri.

Friday, August 7, 2009

Biancheria Intima Capitolo 4

Capitolo 4

La madre scoppiò in lacrime. “Ti trasferisci in città? Ma per quale motivo?” Per quanto si sforzasse, ancora una volta non riusciva a capire cosa attraversasse la mente del suo bimbo. Un bimbo ormai cresciuto, la cui età adulta era stata repentinamente scolpita in lui da un'invisibile accetta. Nessuno si era accorto di niente, nemmeno la madre. Antonio era diventato di colpo un uomo. La sua stazza, il suo fisico, il suo volto serio, il suo nuovo aspetto si specchiava nel mare di liquidi che immergevano gli occhi della madre, un mare di liquidi che invocava la più alta di tutte le preghiere possibili: "Perché vuoi andartene? Perché non resti qui con me?"

Un enorme grande insaziabile perché.

Antonio aveva trovato un lavoro part-time e grazie ai suoi ottimi risultati si era anche aggiudicato una borsa di studio. L’università, ingegneria aerospaziale. Tanti libri e migliaia di formule da imparare a memoria.Tutto per quel suo sogno, per quel suo enorme grande insaziabile sogno.

Era tutto chiaro in ogni suo gesto. Fin dall'età di cinque anni Antonio non aveva fatto altro che rispondere alla stessa unica domanda. Perché, perché, perché, perché! Perché voglio diventare un astronauta.

“Ma come farai a cavartela da solo? Non ce la farai mai senza di me. Non ce la potrai mai fare!”

Invece ce la fece. Non fu certo un problema. Qualunque paese, villaggio o città, per Antonio non cambiava nulla. Qualunque città, qualsiasi città. Finché si trovava sulla terra per Antonio non cambiava nulla.

Wednesday, August 5, 2009

Biancheria Intima Capitolo 3

Capitolo 3

Ci terrei a premettere che io amo mio figlio. Lo amo infinitamente tanto. Ma questo non basta. Purtroppo il mio amore non basta e non basterà mai per capire. Per quanto mi sforzi non sarò mai in grado di comprendere le reazioni che avvengono in quella sua contortissima mente. Non so come comportarmi con lui, non so cosa dirgli quando mi è di fronte. Riesco solo ad abbassare gli occhi, riesco solo a fuggire dal suo viso. Non so proprio cosa fare. E' sempre chiuso in camera a leggere o scrivere lunghissime forme senza capo né coda. E poi passa rigorosamente tutte le serate con quel suo binocolo. Qualche volta provo a stare con lui per fargli compagnia, ma mi pare solo di essere un peso inutile, un ostacolo che rallenta ogni sua ricerca. "Posso fare qualcosa? Posso aiutarti in qualche modo?" Mi risponde sempre che posso starmene pure seduta. Ogni tanto al massimo mi chiede di passargli una matita o una penna. Ma come è possibile che si sia ridotto a vivere in questo modo? Sembra completamente estraniato da alcuna relazione. Non esce mai di casa se non per fare jogging (continua a ripetere che deve tenersi in forma). Non l’ho mai visto in compagnia di un amico, figuriamoci poi di una ragazza! Ho paura che si senta solo, abbandonato da tutto e da tutti. Mi sento in colpa per come l’ho cresciuto, mi sento in colpa per tutto ciò che faccio. Ma poi continuo a ripetermi che non è colpa mia! "Non è colpa mia, non è colpa mia!" Del resto è vero: non è certo colpa mia se mio marito è scomparso quando Antonio aveva appena quattro anni. E così io ero sempre al lavoro. Tutto il giorno lontano da mio figlio negli anni più critici del suo sviluppo. Ma dovete capire che non potevo fare altrimenti. Da qualche parte dovevo pur guadagnare i soldi per l’affitto, per il cibo, per la scuola… per tutto insomma!

Cosa ho fatto per meritarmi questo? Vorrei tanto sapere cosa ho fatto.