Fico.
La nostra classe ha una media di 7,12/15 nei risultati della seconda prova.
Fichissimo.
Del resto era necessario. Come poteva essere altrimenti?
Io sono IL PRINCIPE degli sfigati. L'ho sempre detto e sempre lo ripeterò, una cospirazione sta tramando contro di me. Complottano per la mia infelicità.
Ecco, deve essere così. In una palazzina di mattoni, senza finestre e senza porte, una palazzina da cui non esce mai nessuno, un gruppo di ricchi aristocratici sta tramando contro di me. Proprio in questo momento sono rinchiusi lì, seduti attorno ad un tavolo a festeggiare per la riuscita dei loro folli piani.
Sono loro che fanno di tutto perché io sia infelice.
Progettano ogni cosa nei minimi dettagli.
La mia melina a cui sono costretto a rinunciare, la commissione più malvagia della storia umana, i capelli ricci che ho in testa...
non possono essere tutti casi: è un complotto!
"Ma perché ti lamenti, è giusto che sia così. Ti sei meritato tu tutto questo!"
Come giusto? Tutto questo sarebbe giusto?
Forse però hai ragione. Mi sono meritato io tutto questo. Mi caccio sempre nei guai a causa della mia incapacità a relazionarmi in modo serio ai problemi di fronte a cui mi trovo.
Uffaaaaaaaaa!!!
Tuesday, June 30, 2009
Post 2.1
Un po' per mancanza d'autostima, un po' per l'attuale stato emotivo, un po' perché sono un essere privo di intelligenza, ho deciso di finirla con questa storia.
Una storia mai cominciata
Una storia che non comincerà mai.
Io sono io.
Purtroppo mi conosco.
e sono triste.
Una storia mai cominciata
Una storia che non comincerà mai.
Io sono io.
Purtroppo mi conosco.
e sono triste.
Friday, June 26, 2009
Post 2.09
Ecco, dopo tutti questi post devo rivelare un segreto indicibile.
Un segreto che potrebbe compromettere la mia e la vostra esistenza. L'esistenza intera del pianeta terra è legata a questo segreto.
Io amo una MELA.
L'ho detto.
Non so quali saranno le conseguenze.
Yuhuuu, è uscito il nuovo album di Shiina Ringo ed è bellissimo.
E Ringo significa mela.
E io amo una MELA.
anzi ne amo due.
una rossa.
Un segreto che potrebbe compromettere la mia e la vostra esistenza. L'esistenza intera del pianeta terra è legata a questo segreto.
Io amo una MELA.
L'ho detto.
Non so quali saranno le conseguenze.
Yuhuuu, è uscito il nuovo album di Shiina Ringo ed è bellissimo.
E Ringo significa mela.
E io amo una MELA.
anzi ne amo due.
una rossa.
Post 2.08
Philia 1
Cicerone 0
Level two. Mission complete.
E' stata una sfida colpo su colpo, ma si è conclusa abbastanza in fretta.
E ora posso tornare a pensare all'unica vera importante sfida, anche se rimango sempre molto pessimista.
Pessimismo realistico.
Diciamo che cerco di limitare i miei trip onirici con un mia lei che non sarà mai mia.
In realtà proprio non ci riesco a non sognarla.
A proposito di sogni: questa notte ho sognato che un gatto assassino entrava di colpo nella stanza per tentare di uccidermi.
Un gatto assassino!
Mi sono svegliato impaurito, ma subito dopo ho pensato: "ma come diamine si fa a sognare un gatto assassino!?"
Enrico VIII non farebbe del male nemmeno a una mosca.
Vero Enrico?
............
Scusatelo se non risponde, ma è tanto triste perché non rivede da un sacco di giorni la sua amata e ha paura che non torni più a trovarlo.
Cicerone 0
Level two. Mission complete.
E' stata una sfida colpo su colpo, ma si è conclusa abbastanza in fretta.
E ora posso tornare a pensare all'unica vera importante sfida, anche se rimango sempre molto pessimista.
Pessimismo realistico.
Diciamo che cerco di limitare i miei trip onirici con un mia lei che non sarà mai mia.
In realtà proprio non ci riesco a non sognarla.
A proposito di sogni: questa notte ho sognato che un gatto assassino entrava di colpo nella stanza per tentare di uccidermi.
Un gatto assassino!
Mi sono svegliato impaurito, ma subito dopo ho pensato: "ma come diamine si fa a sognare un gatto assassino!?"
Enrico VIII non farebbe del male nemmeno a una mosca.
Vero Enrico?
............
Scusatelo se non risponde, ma è tanto triste perché non rivede da un sacco di giorni la sua amata e ha paura che non torni più a trovarlo.
Thursday, June 25, 2009
Post 2.07
Buahahahah.
Esami.
Level one. Mission complete.
Saggio breve sull'amore nel cui incipit dichiaro apertamente d'essere il più grande sfigato d'ogni tempo.
Poi ho fatto un milione di citazioni. Non finivano mai. Ho citato tutto e tutti. Da Dante a Godzilla, da Gesù a Star Wars.
Spero almeno che quelli della commissione si divertano leggendolo.
Prima di entrare a scuola, fregandomene totalmente dell'aria di tensione che pervadeva amici e compagni in vista dell'esame, spinto da uno slancio emotivo mi son messo a cercare nel tabellone la pagella della mia amata per saperne i voti... giusto per curiosità.
ma il giudizio è stato sospeso!!!
Il che, in teoria, significa solo che ha avuto qualche debito, quindi nulla di preoccupante, però quando ho visto una riga bianca a mo di bocciatura sulla linea dei suoi voti m'è preso un colpo.
Meglio così. Almeno potrò darle ripetizioni. ihihih
repetitio iuvat
Esami.
Level one. Mission complete.
Saggio breve sull'amore nel cui incipit dichiaro apertamente d'essere il più grande sfigato d'ogni tempo.
Poi ho fatto un milione di citazioni. Non finivano mai. Ho citato tutto e tutti. Da Dante a Godzilla, da Gesù a Star Wars.
Spero almeno che quelli della commissione si divertano leggendolo.
Prima di entrare a scuola, fregandomene totalmente dell'aria di tensione che pervadeva amici e compagni in vista dell'esame, spinto da uno slancio emotivo mi son messo a cercare nel tabellone la pagella della mia amata per saperne i voti... giusto per curiosità.
ma il giudizio è stato sospeso!!!
Il che, in teoria, significa solo che ha avuto qualche debito, quindi nulla di preoccupante, però quando ho visto una riga bianca a mo di bocciatura sulla linea dei suoi voti m'è preso un colpo.
Meglio così. Almeno potrò darle ripetizioni. ihihih
repetitio iuvat
Wednesday, June 24, 2009
Post 2.06
L'anno prossimo mi trasferirò a Venezia.
E chi s'è visto s'è visto.
Alla fine è meglio così, senza nemmeno un saluto, senza nemmeno un addio. Senza una sola parola.
Alla fine è meglio così.
no, sto mentendo. non è meglio così. non lo sarà mai.
E chi s'è visto s'è visto.
Alla fine è meglio così, senza nemmeno un saluto, senza nemmeno un addio. Senza una sola parola.
Alla fine è meglio così.
no, sto mentendo. non è meglio così. non lo sarà mai.
Post 2.05
Le ho scritto "Ciao!", circa quattro minuti fa...
E' un evento!!!
Ma lei non risponde...
E' un complotto!!!
AGGIORNAMENTO
s'è disconnessa...
lo dicevo io... sob sob
E' un evento!!!
Ma lei non risponde...
E' un complotto!!!
AGGIORNAMENTO
s'è disconnessa...
lo dicevo io... sob sob
Tuesday, June 23, 2009
Post 2.04
Tapa tapa tapa tum!
Incredibile ma vero. Qualcuno sta leggendo il Blog, cosa che trovo quasi sconcertante.
Così, per autopremiarmi del risultato ottenuto, ho deciso di farmi un po' di pubblicità postando l'indirizzo del sito su cui ho inserito le mie ultrabruttissime foto.
In realtà non faccio foto da parecchio tempo, da almeno un mese penso. Il fatto è che non riesco più a fare niente. Non mangio più, non dormo più, non cago più, non rido più. Penso sempre a lei. Non riesco più nemmeno a scrivere.
E allora vi starete chiedendo: "Ma come diavolo è possibile che questo post esista se non riesci più a scrivere???"
Eheh, sono furbo io! Lo sto dettando al mio gatto.
Vi presento il mio gatto, si chiama Enrico VIII ed è perfettamente in grado di scrivere al pc (però solo se sono della Apple, quelli Windows li blocca sempre).
Fai un bel miao di saluto Enrico!
MIAO MIAO
Visto? E' proprio un bel gattino.
Anche lui è innamorato di micetta di nome Rossana. E anche lui, esattamente come me, è assolutamente una frana. Ci assomigliamo così tanto! Vero Enrico?
MAO!
Quasi dimenticavo di linkare il sito delle mie foto.
Eccolo qua:
WORLD'S END LOVERS FLICKR
(qui il mio nome utente è Ringophilia, perché Ringo in giapponese significa mela e le mele sono rosse)
o in alternativa il sito un po' più lento, ma con più foto e più bello:
FOTOLOGUE
Incredibile ma vero. Qualcuno sta leggendo il Blog, cosa che trovo quasi sconcertante.
Così, per autopremiarmi del risultato ottenuto, ho deciso di farmi un po' di pubblicità postando l'indirizzo del sito su cui ho inserito le mie ultrabruttissime foto.
In realtà non faccio foto da parecchio tempo, da almeno un mese penso. Il fatto è che non riesco più a fare niente. Non mangio più, non dormo più, non cago più, non rido più. Penso sempre a lei. Non riesco più nemmeno a scrivere.
E allora vi starete chiedendo: "Ma come diavolo è possibile che questo post esista se non riesci più a scrivere???"
Eheh, sono furbo io! Lo sto dettando al mio gatto.
Vi presento il mio gatto, si chiama Enrico VIII ed è perfettamente in grado di scrivere al pc (però solo se sono della Apple, quelli Windows li blocca sempre).
Fai un bel miao di saluto Enrico!
MIAO MIAO
Visto? E' proprio un bel gattino.
Anche lui è innamorato di micetta di nome Rossana. E anche lui, esattamente come me, è assolutamente una frana. Ci assomigliamo così tanto! Vero Enrico?
MAO!
Quasi dimenticavo di linkare il sito delle mie foto.
Eccolo qua:
WORLD'S END LOVERS FLICKR
(qui il mio nome utente è Ringophilia, perché Ringo in giapponese significa mela e le mele sono rosse)
o in alternativa il sito un po' più lento, ma con più foto e più bello:
FOTOLOGUE
Post 2.03
Continuo a sognare l'ultimo giorno di scuola. E' una vera e propria persecuzione che continua a tornarmi alla mente. E ovviamente ciò comporta due aspetti, di cui uno estremamente positivo, mentre l'altro estremamente negativo.
L'aspetto positivo è che nel sogno rivedo sempre la mia amata. Certo, non è come rivederla nella realtà, ma mi accontento di quel poco di illusione (sebbene la mattina quando mi sveglio sia sempre un trauma, poiché il primo pensiero va necessariamente a lei. e la prima cosa che mi viene in mente è che non la rivedrò mai mai mai mai più... sob sob).
L'aspetto negativo è che rivivo l'ultimo giorno di scuola sempre nei suoi lati peggiori. Rivivo quei momenti come opprimenti. Cerco in ogni modo di avvicinarmi a lei, ma nel sogno fugge, scappa, corre, mi prende in giro, mi disprezza. Peggio che nella realtà insomma, e finisce anche qui che non riesco nemmeno a dirle "addio". Peggio che nella realtà, perché nella realtà lei forse sarà fuggita, forse qualche volta sarà scappata da me senza mai aiutarmi nella rincorsa, ma non mi ha mai disprezzato né mi ha mai preso in giro. Perché fondamentalmente lei è la ragazza più buona di questo pianeta.
O forse sono io che mi sono fatto un'idea troppo idealizzata ed angelica di lei?
Forse forse forse forse forse forse.
Di una cosa però sono certo...
L'aspetto positivo è che nel sogno rivedo sempre la mia amata. Certo, non è come rivederla nella realtà, ma mi accontento di quel poco di illusione (sebbene la mattina quando mi sveglio sia sempre un trauma, poiché il primo pensiero va necessariamente a lei. e la prima cosa che mi viene in mente è che non la rivedrò mai mai mai mai più... sob sob).
L'aspetto negativo è che rivivo l'ultimo giorno di scuola sempre nei suoi lati peggiori. Rivivo quei momenti come opprimenti. Cerco in ogni modo di avvicinarmi a lei, ma nel sogno fugge, scappa, corre, mi prende in giro, mi disprezza. Peggio che nella realtà insomma, e finisce anche qui che non riesco nemmeno a dirle "addio". Peggio che nella realtà, perché nella realtà lei forse sarà fuggita, forse qualche volta sarà scappata da me senza mai aiutarmi nella rincorsa, ma non mi ha mai disprezzato né mi ha mai preso in giro. Perché fondamentalmente lei è la ragazza più buona di questo pianeta.
O forse sono io che mi sono fatto un'idea troppo idealizzata ed angelica di lei?
Forse forse forse forse forse forse.
Di una cosa però sono certo...
Monday, June 22, 2009
Post 2.02
Rieccomi qua a perdere del prezioso tempo per lamentarmi del mio grande amore perduto e di tutti gli altri problemi che mi danno il diritto di esser annoverato come il PRINCIPE DEGLI SFIGATI. Che in realtà non è manco vero che sono il principe o l'imperatore degli sfigati, anzi... però sicuramente manco di quel quintale di autostima che mi potrebbe aiutare nei casi più disperati.
E così non faccio altro che inneggiare, idolatrare, venerare amori impossibili. Non impossibili perché io non ne sia all'altezza estetica, etica, morale, filosofico, linguistico, mentale, ma impossibili per il semplice fatto che non riesco a costruire una sana e banale conversazione con la persona di cui sono innamorato.
Ma vabbhe, tutto sommato potrebbe accadermi di peggio.
E poi oggi ha piovuto. Ha piovuto e poi è venuto il sole.
Amo la pioggia nelle giornate di sole
E così non faccio altro che inneggiare, idolatrare, venerare amori impossibili. Non impossibili perché io non ne sia all'altezza estetica, etica, morale, filosofico, linguistico, mentale, ma impossibili per il semplice fatto che non riesco a costruire una sana e banale conversazione con la persona di cui sono innamorato.
Ma vabbhe, tutto sommato potrebbe accadermi di peggio.
E poi oggi ha piovuto. Ha piovuto e poi è venuto il sole.
Amo la pioggia nelle giornate di sole
Post 2.01
Ancora un post? Boh, è divertente scriverne e tutto sommato trovo sia estremamente terapeutico. Ovviamente ciò non significa affatto che io abbia capito il senso dell'esistenza di questo Blog (e non credo sarò mai in grado di comprenderlo).
Il mio stato emotivo non si è particolarmente risollevato, né risanato. Potremmo dire che è stabile. Stabile, ma pur sempre molto mal concio.
Oggi sostanzialmente ho buttato la serata ascoltando musica e non facendo niente di niente, a parte aspettare che accadesse qualcosa. Io ho questa strana malattia per cui molto spesso mi metto ad aspettare che accada qualcosa, come se le cose accadessero così da sole, dal nulla. E la cosa ancora pià assurda è che dopo un po' che aspetto mi autoconvinco che accadrà qualcosa, ma invece non accade mai nulla. Nulla di straordinario, nulla di anormale. Accadono solo cose scontate.
Molto tempo fa ho scritto questo racconto, che ho postato qui sotto (nel post precedente), spero possa piacere (se non piace siete liberi di fare pernacchie a non finire, anzi inizio io per voi PRRRRRRR PRRRRRR).
Il mio stato emotivo non si è particolarmente risollevato, né risanato. Potremmo dire che è stabile. Stabile, ma pur sempre molto mal concio.
Oggi sostanzialmente ho buttato la serata ascoltando musica e non facendo niente di niente, a parte aspettare che accadesse qualcosa. Io ho questa strana malattia per cui molto spesso mi metto ad aspettare che accada qualcosa, come se le cose accadessero così da sole, dal nulla. E la cosa ancora pià assurda è che dopo un po' che aspetto mi autoconvinco che accadrà qualcosa, ma invece non accade mai nulla. Nulla di straordinario, nulla di anormale. Accadono solo cose scontate.
Molto tempo fa ho scritto questo racconto, che ho postato qui sotto (nel post precedente), spero possa piacere (se non piace siete liberi di fare pernacchie a non finire, anzi inizio io per voi PRRRRRRR PRRRRRR).
Short stories 3.0 Arabesque
ARABESQUE
Sentivo in lontananza una musica da pianoforte di Ryuichi Sakamoto. Doveva essere la colonna sonora di qualche film di cui non ricordavo il titolo. Il mio vicino di stanza era un amante della musica classica; verso le nove di mattina accendeva la radio a tutto volume su uno di quei canali che trasmettono registrazioni del novecento, e fino all’ora di cena non si degnava mai di spegnerla. Sia ben chiaro che io amo la musica classica, però ogni tanto mi piacerebbe ascoltare qualcosa di diverso. Magari del jazz, del rock o qualcosa di elettronica. Giusto per variare. Inoltre i pezzi suonati al pianoforte mi mettono sempre una grande tristezza. Mi ricordano i tempi in cui ero libero.
Negli ultimi tre anni ho vissuto rinchiuso in una camera d’ospedale. Non ne conosco il motivo. Quando mi alzo dal letto mi sento perfettamente in forma e pieno di energia. Probabilmente soffro di qualche strana malattia contagiosa che non ha ancora mostrato i suoi effetti sul mio corpo. O almeno questo è quello che penso, dato che sia i medici che gli infermieri quando si rivolgono a me lo fanno solamente per darmi degli ordini, del tipo “alzi il braccio, signor Barbetta”, “muova la gamba sinistra, signor Barbetta”, “abbassi la testa, signor Barbetta”. Alle mie domande non rispondono mai. Ho provato almeno un milione di volte a chiedere cosa stesse succedendo e quale patologia avessi.
E’ solo un brutto sogno!
Tutto ciò che avveniva intorno a me non aveva alcun senso. Più volte ho minacciato e tentato di picchiare gli infermieri e i medici; purtroppo però hanno dotato la camera di un sistema di videosorveglianza. Se do un pugno a un medico, subito ne arrivano altri dieci che mi bloccano e mi iniettano un sedativo, così in pochi secondi sprofondo nel sonno. Oltretutto non esiste modo di suicidarsi. All’interno della stanza non ci sono oggetti contundenti, non ci sono corde per impiccarsi, non ci sono veleni e gas per soffocarsi. Anche quando servono da mangiare si limitano a fornire un piatto e delle posate di plastica, con le quali non si riesce nemmeno ad accecarsi.
E’ solo un brutto sogno!
Le pareti bianche, le lenzuola bianche, la luce bianca.
Un’irraggiungibile finestra. Troppo in alto perché io possa guardare il mondo esterno. Ma forse un mondo esterno non esiste. I quattro passi che percorrono la mia stanza sono il mio unico universo. Una volta mi portarono un libro. Sulla copertina, rigorosamente bianca, era inciso un enorme titolo di un nero accecante. Arabesque.
Ogni tanto la radio del mio vicino trasmetteva Arabesque di Debussy. Amavo Debussy. Odiavo Debussy.
Quando aprii il libro scoprii che era del tutto privo di parole. Solo pagine bianche. Avrei tanto voluto riempirlo con qualche storia, ma non mi era concesso l’uso di una matita o di una biro.
Sentivo in lontananza una musica da pianoforte di Ryuichi Sakamoto. Le note scivolavano dolcemente una dopo l’altra, formando una bellissima melodia. Quando il brano si concluse il presentatore radiofonico annunciò il brano seguente. Arabesque di Debussy.
Il mio universo crollò.
Sentivo in lontananza una musica da pianoforte di Ryuichi Sakamoto. Doveva essere la colonna sonora di qualche film di cui non ricordavo il titolo. Il mio vicino di stanza era un amante della musica classica; verso le nove di mattina accendeva la radio a tutto volume su uno di quei canali che trasmettono registrazioni del novecento, e fino all’ora di cena non si degnava mai di spegnerla. Sia ben chiaro che io amo la musica classica, però ogni tanto mi piacerebbe ascoltare qualcosa di diverso. Magari del jazz, del rock o qualcosa di elettronica. Giusto per variare. Inoltre i pezzi suonati al pianoforte mi mettono sempre una grande tristezza. Mi ricordano i tempi in cui ero libero.
Negli ultimi tre anni ho vissuto rinchiuso in una camera d’ospedale. Non ne conosco il motivo. Quando mi alzo dal letto mi sento perfettamente in forma e pieno di energia. Probabilmente soffro di qualche strana malattia contagiosa che non ha ancora mostrato i suoi effetti sul mio corpo. O almeno questo è quello che penso, dato che sia i medici che gli infermieri quando si rivolgono a me lo fanno solamente per darmi degli ordini, del tipo “alzi il braccio, signor Barbetta”, “muova la gamba sinistra, signor Barbetta”, “abbassi la testa, signor Barbetta”. Alle mie domande non rispondono mai. Ho provato almeno un milione di volte a chiedere cosa stesse succedendo e quale patologia avessi.
E’ solo un brutto sogno!
Tutto ciò che avveniva intorno a me non aveva alcun senso. Più volte ho minacciato e tentato di picchiare gli infermieri e i medici; purtroppo però hanno dotato la camera di un sistema di videosorveglianza. Se do un pugno a un medico, subito ne arrivano altri dieci che mi bloccano e mi iniettano un sedativo, così in pochi secondi sprofondo nel sonno. Oltretutto non esiste modo di suicidarsi. All’interno della stanza non ci sono oggetti contundenti, non ci sono corde per impiccarsi, non ci sono veleni e gas per soffocarsi. Anche quando servono da mangiare si limitano a fornire un piatto e delle posate di plastica, con le quali non si riesce nemmeno ad accecarsi.
E’ solo un brutto sogno!
Le pareti bianche, le lenzuola bianche, la luce bianca.
Un’irraggiungibile finestra. Troppo in alto perché io possa guardare il mondo esterno. Ma forse un mondo esterno non esiste. I quattro passi che percorrono la mia stanza sono il mio unico universo. Una volta mi portarono un libro. Sulla copertina, rigorosamente bianca, era inciso un enorme titolo di un nero accecante. Arabesque.
Ogni tanto la radio del mio vicino trasmetteva Arabesque di Debussy. Amavo Debussy. Odiavo Debussy.
Quando aprii il libro scoprii che era del tutto privo di parole. Solo pagine bianche. Avrei tanto voluto riempirlo con qualche storia, ma non mi era concesso l’uso di una matita o di una biro.
Sentivo in lontananza una musica da pianoforte di Ryuichi Sakamoto. Le note scivolavano dolcemente una dopo l’altra, formando una bellissima melodia. Quando il brano si concluse il presentatore radiofonico annunciò il brano seguente. Arabesque di Debussy.
Il mio universo crollò.
Sunday, June 21, 2009
Post 2.0
Tornato dal ritiro studio.
Tornato depresso.
Ultra depresso.
Possibile che non riesco a non pensare sempre sempre sempre sempre a lei?
Possibile?
Cazzo...
Sono depresso.
Evviva i suicidi di massa!
Tornato depresso.
Ultra depresso.
Possibile che non riesco a non pensare sempre sempre sempre sempre a lei?
Possibile?
Cazzo...
Sono depresso.
Evviva i suicidi di massa!
Tuesday, June 16, 2009
Post 1.02
Tatatataaaan... gli esami si avvicinano e purtroppo sono costretto a ritirarmi in montagna per riuscire a studiare almeno un pochettino. Quindi per qualche giorno BYE BYE COMPUTER. In realtà di internet e balle varie non me ne frega un tubo. Il problema è ben altro. Il tempo passa e non mi rallegro.
Che vuol dire? Vuol dire che son sempre triste triste, come un povero pinguino dietro le sbarre di uno zoo tunisino (negli zoo tunisini fa molto caldo e, come ben sapete, i pinguini sono grandi nemici del caldo).
Penso, ripenso e strapenso sempre alla stessa ragazza che probabilmente ora starà pensando a mille milioni di cose molto più interessanti di me (e ci mancherebbe anche che si metta a pensare ad un coglione come me! ihihihih).
Non riuscirò mai più a rivedere la mia amata, sob sob...
almeno le avessi detto addio, ora forse mi sentirei un pelino sollevato.
Ci voleva tanto? Bastava andar lì e dire:
"Ciao. Sto per partire. Me ne vado da questa scuola, da questa città, da questo mondo, da questo universo. Vado in paese dove soffia sempre un vento fortissimo che fa diventare pazzi. Vado in un posto lontano, che forse nemmeno esiste. Un paese dove si mangiano fragole rosse tutti i mesi dell'anno, un paese dove hanno bisogno di qualcuno, un paese in cui hanno bisogno di un amico. Vado in un luogo bellissimo dove c'è tutto ciò che ho sempre desiderato, ma dove in realtà non c'è niente. Niente di niente. Perché non ci sei tu. Addio"
Qui sotto, nel post precedente (Short stories 2.0 Segreto) un racconto che ho scritto un po' di tempo fa.
Che vuol dire? Vuol dire che son sempre triste triste, come un povero pinguino dietro le sbarre di uno zoo tunisino (negli zoo tunisini fa molto caldo e, come ben sapete, i pinguini sono grandi nemici del caldo).
Penso, ripenso e strapenso sempre alla stessa ragazza che probabilmente ora starà pensando a mille milioni di cose molto più interessanti di me (e ci mancherebbe anche che si metta a pensare ad un coglione come me! ihihihih).
Non riuscirò mai più a rivedere la mia amata, sob sob...
almeno le avessi detto addio, ora forse mi sentirei un pelino sollevato.
Ci voleva tanto? Bastava andar lì e dire:
"Ciao. Sto per partire. Me ne vado da questa scuola, da questa città, da questo mondo, da questo universo. Vado in paese dove soffia sempre un vento fortissimo che fa diventare pazzi. Vado in un posto lontano, che forse nemmeno esiste. Un paese dove si mangiano fragole rosse tutti i mesi dell'anno, un paese dove hanno bisogno di qualcuno, un paese in cui hanno bisogno di un amico. Vado in un luogo bellissimo dove c'è tutto ciò che ho sempre desiderato, ma dove in realtà non c'è niente. Niente di niente. Perché non ci sei tu. Addio"
Qui sotto, nel post precedente (Short stories 2.0 Segreto) un racconto che ho scritto un po' di tempo fa.
Short stories 2.0 Segreto
SEGRETO
Intorno a me si spargono con estrema lentezza calde molecole di respiro.
E’ la prima volta in vita mia che sento il fiato di un’altra persona, la sua anima, così vicina alla mia.
Sembra volermi dire a bassa voce: “non sei solo.”
So che è solo un’illusione. Uno scherzo della mia immaginazione. Eppure la testa di lei addormentata, appoggiata alla mia spalla innamorata, su quel morbido autobus grigio delle sette e tre quarti, non mi sembra finzione.
E’ vera. E’ reale. Lo so. Lei ora esiste ed è accanto a me.
La mia fermata ormai è passata da un pezzo. Sarei dovuto scendere per recarmi a scuola, ma non sono proprio riuscito a distaccare il mio sguardo dal suo respiro. Se me ne vado adesso la perderò per sempre. Le nostre strade si separeranno allo stesso casuale modo in cui si sono incrociate, anche se solo per pochi minuti.
Ma poi lei chi è? Che cosa starà sognando in questo momento?
E poi mi sarebbe piaciuto sapere dove l’avrebbe dovuta portare questo autobus. Dallo zaino che tiene abbracciato credo a scuola, ma non ci giurerei. Del resto anch’io dovevo essere seduto al mio banco alle 08.05 davanti a un noiosissimo professore che avrebbe parlato senza interruzione per un’infinità di ore. E invece sono qui, seduto accanto ad un angelo dalle ali nere caduto dall’etere nel mio triste mondo di sabbia.
Un pensiero di nuvola inizia a turbare il mio limpido cielo. Cosa accadrà quando si sveglierà?
Devo riuscire in qualche modo a chiederle il nome.
Lei si sveglierà all’ultima fermata e accorgendosi di essere appoggiata sulla mia spalla di scatto alzerà la testa e mi guarderà con aria smarrita. “Non ho avuto il coraggio di svegliarti” potrei dirle.
Allora lei controllerà l’orologio e scoprirà di essere in enorme ritardo. Spiegandole che tanto ormai non l’avrebbero ammessa a scuola senza giustifica, potrei invitarla al bar a fare colazione. E poi dire:
“A proposito, ma tu come ti chiami?”
Il suo fiato continuava ad accarezzare il mio collo. L’autobus si stava mano a mano svuotando. Il capolinea si stava avvicinando. Il mio sogno stava finendo. Il sole stava sorgendo.
Sorridevo accarezzandole inconsciamente i capelli scuri. Quando me ne resi conto mi girai di scatto pensando che qualcuno avrebbe potuto vedermi. Invece no. Eravamo soli.
Io e lei.
L’autobus si fermò per qualche minuto. Non so dove fossimo arrivati, di sicuro molto lontano. Ai lati della strada era ammucchiata la neve. Il paesaggio era bianchissimo.
Ma ci sarà un bar qui?
Poi aprì gli occhi. Poco alla volta. Piano piano.
Mi guardò, con occhi di piena mattina.
“E’ il capolinea?” Mi chiese.
Non risposi nulla, non riuscii. Scossi solo lievemente la testa in segno di assenso.
Poi si alzò e lentamente si diresse verso l’uscita centrale. Prima di scendere si girò nuovamente verso di me. Si fermò in quella posizione per qualche istante, assorta in chissà quali pensieri. Poi mise un piede per terra. E di nuovo. Si fermò.
Muoviti! Muoviti! Va da lei!
Mi alzai. Ma gli sportelli dell’uscita di colpo si chiusero. Non è il capolinea.
Lei scosse la testa. L’autobus riprese lentamente a muoversi in salita. Aprii con fatica un finestrino.
E poi dissi.
“A proposito, ma tu come ti chiami?”
Fu allora che la sua voce mi invase l’anima come la più alta delle maree. Il più bello dei fuochi d’artificio. La più grande delle cascate. La più luminosa delle stelle. La più bella delle musiche.
tuttavia...
Quel nome.
è il mio segreto.
Intorno a me si spargono con estrema lentezza calde molecole di respiro.
E’ la prima volta in vita mia che sento il fiato di un’altra persona, la sua anima, così vicina alla mia.
Sembra volermi dire a bassa voce: “non sei solo.”
So che è solo un’illusione. Uno scherzo della mia immaginazione. Eppure la testa di lei addormentata, appoggiata alla mia spalla innamorata, su quel morbido autobus grigio delle sette e tre quarti, non mi sembra finzione.
E’ vera. E’ reale. Lo so. Lei ora esiste ed è accanto a me.
La mia fermata ormai è passata da un pezzo. Sarei dovuto scendere per recarmi a scuola, ma non sono proprio riuscito a distaccare il mio sguardo dal suo respiro. Se me ne vado adesso la perderò per sempre. Le nostre strade si separeranno allo stesso casuale modo in cui si sono incrociate, anche se solo per pochi minuti.
Ma poi lei chi è? Che cosa starà sognando in questo momento?
E poi mi sarebbe piaciuto sapere dove l’avrebbe dovuta portare questo autobus. Dallo zaino che tiene abbracciato credo a scuola, ma non ci giurerei. Del resto anch’io dovevo essere seduto al mio banco alle 08.05 davanti a un noiosissimo professore che avrebbe parlato senza interruzione per un’infinità di ore. E invece sono qui, seduto accanto ad un angelo dalle ali nere caduto dall’etere nel mio triste mondo di sabbia.
Un pensiero di nuvola inizia a turbare il mio limpido cielo. Cosa accadrà quando si sveglierà?
Devo riuscire in qualche modo a chiederle il nome.
Lei si sveglierà all’ultima fermata e accorgendosi di essere appoggiata sulla mia spalla di scatto alzerà la testa e mi guarderà con aria smarrita. “Non ho avuto il coraggio di svegliarti” potrei dirle.
Allora lei controllerà l’orologio e scoprirà di essere in enorme ritardo. Spiegandole che tanto ormai non l’avrebbero ammessa a scuola senza giustifica, potrei invitarla al bar a fare colazione. E poi dire:
“A proposito, ma tu come ti chiami?”
Il suo fiato continuava ad accarezzare il mio collo. L’autobus si stava mano a mano svuotando. Il capolinea si stava avvicinando. Il mio sogno stava finendo. Il sole stava sorgendo.
Sorridevo accarezzandole inconsciamente i capelli scuri. Quando me ne resi conto mi girai di scatto pensando che qualcuno avrebbe potuto vedermi. Invece no. Eravamo soli.
Io e lei.
L’autobus si fermò per qualche minuto. Non so dove fossimo arrivati, di sicuro molto lontano. Ai lati della strada era ammucchiata la neve. Il paesaggio era bianchissimo.
Ma ci sarà un bar qui?
Poi aprì gli occhi. Poco alla volta. Piano piano.
Mi guardò, con occhi di piena mattina.
“E’ il capolinea?” Mi chiese.
Non risposi nulla, non riuscii. Scossi solo lievemente la testa in segno di assenso.
Poi si alzò e lentamente si diresse verso l’uscita centrale. Prima di scendere si girò nuovamente verso di me. Si fermò in quella posizione per qualche istante, assorta in chissà quali pensieri. Poi mise un piede per terra. E di nuovo. Si fermò.
Muoviti! Muoviti! Va da lei!
Mi alzai. Ma gli sportelli dell’uscita di colpo si chiusero. Non è il capolinea.
Lei scosse la testa. L’autobus riprese lentamente a muoversi in salita. Aprii con fatica un finestrino.
E poi dissi.
“A proposito, ma tu come ti chiami?”
Fu allora che la sua voce mi invase l’anima come la più alta delle maree. Il più bello dei fuochi d’artificio. La più grande delle cascate. La più luminosa delle stelle. La più bella delle musiche.
tuttavia...
Quel nome.
è il mio segreto.
Monday, June 15, 2009
Short stories 1.0 Invidia
INVIDIA
Camminavo tutto storto, obliquamente piegato dal peso di una cartella piena di pietre. Testa bassa e sguardo fisso sull'asfalto che scorreva sotto i miei piedi. Un passo e poi un altro. Alternando la gamba sinistra a quella destra, percorrevo un rettilineo interminabile, una strada infinita tra le villette di un finto quartiere residenziale sospeso in un aurea di vuoto cosmico. Camminavo senza mai incontrare nessuno, senza mai vedere niente. Solo asfalto grigio sporco noia, che mi riempiva la mente di cupi pensieri. Ad ogni passo, pensavo, ad ogni metro, pensavo, ad ogni istante, pensavo. pensavo.
pensavo.
Pensavo che sarebbe stato bello colorare questa grigia esistenza di un rosso acceso, di un rosso fragola, di un rosso amore, di un rosso sangue. Sarebbe stato bello pulire il pavimento della mia scuola con il sangue. Pensavo e camminavo. Pulire di rosso le bianche pareti delle nostre classi. Riempire di caos il luogo più ordinato, il luogo più vuoto del mondo.
Ogni tanto in lontananza scorgevo l'ombra di esseri viventi, ma si trattava di forme di vita in via d'estinzione che, alla stesso modo in cui comparivano, in un attimo si dissolvevano. Camminavo camminavo camminavo camminavo, seguendo la linea bianca dei miei pensieri stampati sull'asfalto, camminavo.
Amavo una ragazza. Una ragazza che amava un ragazzo. Ma quel ragazzo non ero io. Quel ragazzo era l'ombra morta di qualcuno o qualcosa. Quel ragazzo era tutto ciò che io vorrei essere, tutto ciò che sarei voluto essere, tutto ciò che vorrò essere. Tutto, tranne una cosa. Quel ragazzo non ero io. Quel ragazzo era solo un'ombra morta. Un'ombra morta può parlare, può cantare, può suonare, può baciare. Un'ombra morta non può e non potrà mai pensare, non potrà mai essere, non potrà mai esistere nel mondo o avere una pienezza di senso e significato. Sarà solo un attimo nello scorrere del tempo, un misero decimo di millesimo di secondo all'interno della storia dell'universo. Non sarà mai in grado di divenire se stesso, di divenire un ente. di divenire vivente, sarà sempre un'ombra, una misera, incompiuta, insignificante ombra. Eppure lo invidiavo, eppure volevo essere come lui. Io che posso divenire, io che sono IO. Io volevo essere lui.
Io lo invidio, nonostante sia solo un'insignificante ombra. La mia anima si corrode ogni volta che vedo lei insieme a lui. Mille perché mi attraversano il cervello, mille domande senza risposta martellano la mia serenità.
Perché lui sì. Perché io no?
E così, dopo averli visti mano nella mano, all'uscita della scuola, me ne torno a casa. Come ogni giorno percorro a piedi questo lunghissimo tragitto di invidia.
Devo dimenticarmi di lei, pensare a qualcun altra. Trovare un'altra ragazza, innamorarmi di un'altra ragazza, una vera ragazza e non un'ombra. Una vera ragazza riconoscerà subito il mio valore, il mio essere speciale. Questa era la conclusione a cui giunsi al termine di quella strada, la risposta a tutti i miei perché.
Mi ci volle pochissimo per ricadere nel pozzo. Mi ci volle pochissimo per innamorarmi di nuovo.
Era solo un'ombra, un ombra come tante! Lo dicevo. Ma ora al contrario ho trovato un vero angelo salvatore, una vera fiamma che brilla come me, anzi più di me, molto più di me.
Era più piccola, molto più piccola, spaventosamente più piccola. Quattro anni di differenza. 19 anni io. 15 anni lei. Questa distanza mi avrebbe sicuramente reso la vita più facile, sarei finalmente riuscito nel mio obiettivo millenario. Finalmente sarei riuscito a conquistare il mio amore e a fondere la mia essenza alla sua.
Io, vuoto di me stesso com'ero mi feci avanti a stento nell'avventata ricerca di un briciolo di relazione. Relazione fatta di cavi sottilissimi che si spezzavano di continuo. Mi sforzavo di allacciare una comunicazione, ma la linea continuava a cadere. Lei scappava, scappava, fuggiva, correva, via via via via. Via da me. Paura? Ripudio? Sono un essere così infimo? Così schifoso marcio putrido? Forse è lei ad essere troppo, troppo infinitamente superiore a me! Eppure non può, non può assolutamente fuggire da me. Ho quattro di più, quattro fottutissimi anni di differenza, non esiste che provi disgusto per me, non è assolutamente possibile. Nella prassi quotidiana, nell'illusoria realtà di tutti i giorni una ragazza più piccola dovrebbe sbavare di fronte a un ragazzo più grande come me, dovrebbe cadere ai miei piedi, corrermi dietro come una leonessa corre dietro alle gazzelle. E invece no, invece scappa. Ma perché!?
Le chiedo: “Hai un ragazzo?” Forse ha già un ragazzo grande come me, pensavo. E invece no, non ha nessun ragazzo. Allora perché diamine fuggi? Perché scappi da me? Non riesco proprio a capire.
L'unica possibile risposta è che io sia davvero quell'essere spregevole che tutti pensano che io sia.
Un essere spregevole. SPREGEVOLE.
Ci provo, ci riprovo, mi affaccio, mi sporgo, ma niente. Lei scappa, mi scappa.
Poi un giorno, dopo mesi di sassolini lanciati nell'acqua, dopo mesi di tentativi morti prima ancora di essere nati, un giorno, la vedo. Era un giorno qualsiasi, anzi era una sera qualsiasi. La sera di una qualsiasi festa della scuola. Un mercoledì sera come ce ne sono stati a centinaia di miliardi nella storia dell'universo. Un mercoledì sera la vedo con un ragazzo.
Un ragazzo più piccolo di me. Un'altra merdosissima ombra schiacciata dal peso della propria infinita banalità. Banale, sei banale! Pensavo a quanto doveva essere banale quell'infima ombra disumana mentre la vedevo conversare col mio amato angelo rosso. Banale come il grigio noia sporco dell'asfalto. Banale come un mondo che continua a ruotare senza mai fermarsi. Banale come le villette di un quartiere residenziale. Banale, sei banale!
Eppure di colpo, di prepotenza, ad un certo momento, in un certo istante, attimo fisso immodificabile della storia dell'universo, lui la bacia. Di prepotenza, la stringe a sé, la avvicina al proprio corpo, e BUUUUM! Le loro labbra impattano l'una contro l'altra. L'esplosione di una nuova bomba atomica.
Me ne tornai a casa. Nella testa mi rimbombava un rumore stridulo di motoseghe che tagliano ossa umane. ZIIII, ossa umane tagliate, carne, muscoli vivi che si contorcono per il dolore. E poi ossa ossa ossa, sangue.
La strada era buia. Non più grigia, ma nera. Tutta nera. I lampioni si susseguivano infiniti illuminando di rosso qualche chiazza malata d'asfalto.
Il rumore si acuiva, sempre di più, aumentava di volume, fracassandomi il cervello. Premevo le mani sulle tempie nella speranza di limitare il dolore. Premevo più forte che potevo. BASTABASTABASTA!!!
Il dolore non si fermava mai.
Arrivai a casa. Non dormii tutta la notte a causa di quel maledettissimo rumore.
Perché lui sì? Perché io no?
Quando sorse il sole, capii.
Uscii di casa con un coltello nella cartella. Barcollando come un ubriaco mi diressi a scuola.
Tutti mi guardavano, per strada, all'ingresso dell'edificio, nella mia classe. Tutti mi guardavano. Sembravano chiedersi: “ma cos'ha? Cosa gli è successo?”
Guardatemi pure, guardatemi finché non capirete anche voi la distanza che ci separa.
Le ore passavano. Mi alzai dal banco e senza chiedere niente a nessuno uscii dall'aula con la mia piccola sacca sulle spalle. Tutti mi guardavano, ma a nessuno glie ne fregava un cazzo. Rimanevano saldi, fissi, immobili, morti nella loro solidissima indifferenza. Non c'è niente di peggio dell'indifferenza di chi ti circonda. Anzi, mi sbaglio. C'è qualcosa di peggio.
Scivolai tra i corridoi della scuola, senza meta alcuna. Finché non mi accorsi di essere di fronte alla sua classe, alla classe di lei, alla classe del mio angelo senza ali, il mio angelo d'amore. Rimasi fermo di fronte alla porta ad ascoltare le voci, le voci le voci voci voci voci. Parole vaghe si disperdevano nell'aria. Domande, risate, battute, applausi.
Un ragazzo chiese di andare in bagno. Uscendo dall'aula mi vide imbambolato che lo guardavo. Lo guardavo con invidia. Mi sarebbe piaciuto essere come lui. Essere un deficiente a cui non interessa nulla di nulla, nulla di tutto. Un ragazzo che ride, che canta, che suona, che scherza.
Quando scomparì dalla mia vista aprii la cerniera della mia cartella.
Estrassi un coltello. Entrai nella classe. Tutti mi guardavano, ma a nessuno glie ne fregava un cazzo di me.
Qualche passo verso di lei con il coltello in mano.
“Cosa vuoi?”
“Ti amo”
Poi con tutta la mia forza le conficcai l'arma nel petto, che come un cavatappi penetrò in profondità. Un fiotto di sangue fuoriuscì a fontanella bagnando il di lei volto. Il suo viso sporco di schizzi rossi, il mio viso sporco di schizzi neri. Le diedi un bacio abbracciandola, stringendola a me. Sangue misto a saliva colpì le mie papille gustative. Non me ne frega più un cazzo di niente. Del mondo, di me stesso. IO IO IO IO, IO NON ESISTE! Mi importa solo di adesso, di te, di te, di te. Dei tuoi occhi della tua pelle della tua schiena delle tue mani delle tue labbra, mi importa solo di te, punto.
Viva l'amore!
Camminavo tutto storto, obliquamente piegato dal peso di una cartella piena di pietre. Testa bassa e sguardo fisso sull'asfalto che scorreva sotto i miei piedi. Un passo e poi un altro. Alternando la gamba sinistra a quella destra, percorrevo un rettilineo interminabile, una strada infinita tra le villette di un finto quartiere residenziale sospeso in un aurea di vuoto cosmico. Camminavo senza mai incontrare nessuno, senza mai vedere niente. Solo asfalto grigio sporco noia, che mi riempiva la mente di cupi pensieri. Ad ogni passo, pensavo, ad ogni metro, pensavo, ad ogni istante, pensavo. pensavo.
pensavo.
Pensavo che sarebbe stato bello colorare questa grigia esistenza di un rosso acceso, di un rosso fragola, di un rosso amore, di un rosso sangue. Sarebbe stato bello pulire il pavimento della mia scuola con il sangue. Pensavo e camminavo. Pulire di rosso le bianche pareti delle nostre classi. Riempire di caos il luogo più ordinato, il luogo più vuoto del mondo.
Ogni tanto in lontananza scorgevo l'ombra di esseri viventi, ma si trattava di forme di vita in via d'estinzione che, alla stesso modo in cui comparivano, in un attimo si dissolvevano. Camminavo camminavo camminavo camminavo, seguendo la linea bianca dei miei pensieri stampati sull'asfalto, camminavo.
Amavo una ragazza. Una ragazza che amava un ragazzo. Ma quel ragazzo non ero io. Quel ragazzo era l'ombra morta di qualcuno o qualcosa. Quel ragazzo era tutto ciò che io vorrei essere, tutto ciò che sarei voluto essere, tutto ciò che vorrò essere. Tutto, tranne una cosa. Quel ragazzo non ero io. Quel ragazzo era solo un'ombra morta. Un'ombra morta può parlare, può cantare, può suonare, può baciare. Un'ombra morta non può e non potrà mai pensare, non potrà mai essere, non potrà mai esistere nel mondo o avere una pienezza di senso e significato. Sarà solo un attimo nello scorrere del tempo, un misero decimo di millesimo di secondo all'interno della storia dell'universo. Non sarà mai in grado di divenire se stesso, di divenire un ente. di divenire vivente, sarà sempre un'ombra, una misera, incompiuta, insignificante ombra. Eppure lo invidiavo, eppure volevo essere come lui. Io che posso divenire, io che sono IO. Io volevo essere lui.
Io lo invidio, nonostante sia solo un'insignificante ombra. La mia anima si corrode ogni volta che vedo lei insieme a lui. Mille perché mi attraversano il cervello, mille domande senza risposta martellano la mia serenità.
Perché lui sì. Perché io no?
E così, dopo averli visti mano nella mano, all'uscita della scuola, me ne torno a casa. Come ogni giorno percorro a piedi questo lunghissimo tragitto di invidia.
Devo dimenticarmi di lei, pensare a qualcun altra. Trovare un'altra ragazza, innamorarmi di un'altra ragazza, una vera ragazza e non un'ombra. Una vera ragazza riconoscerà subito il mio valore, il mio essere speciale. Questa era la conclusione a cui giunsi al termine di quella strada, la risposta a tutti i miei perché.
Mi ci volle pochissimo per ricadere nel pozzo. Mi ci volle pochissimo per innamorarmi di nuovo.
Era solo un'ombra, un ombra come tante! Lo dicevo. Ma ora al contrario ho trovato un vero angelo salvatore, una vera fiamma che brilla come me, anzi più di me, molto più di me.
Era più piccola, molto più piccola, spaventosamente più piccola. Quattro anni di differenza. 19 anni io. 15 anni lei. Questa distanza mi avrebbe sicuramente reso la vita più facile, sarei finalmente riuscito nel mio obiettivo millenario. Finalmente sarei riuscito a conquistare il mio amore e a fondere la mia essenza alla sua.
Io, vuoto di me stesso com'ero mi feci avanti a stento nell'avventata ricerca di un briciolo di relazione. Relazione fatta di cavi sottilissimi che si spezzavano di continuo. Mi sforzavo di allacciare una comunicazione, ma la linea continuava a cadere. Lei scappava, scappava, fuggiva, correva, via via via via. Via da me. Paura? Ripudio? Sono un essere così infimo? Così schifoso marcio putrido? Forse è lei ad essere troppo, troppo infinitamente superiore a me! Eppure non può, non può assolutamente fuggire da me. Ho quattro di più, quattro fottutissimi anni di differenza, non esiste che provi disgusto per me, non è assolutamente possibile. Nella prassi quotidiana, nell'illusoria realtà di tutti i giorni una ragazza più piccola dovrebbe sbavare di fronte a un ragazzo più grande come me, dovrebbe cadere ai miei piedi, corrermi dietro come una leonessa corre dietro alle gazzelle. E invece no, invece scappa. Ma perché!?
Le chiedo: “Hai un ragazzo?” Forse ha già un ragazzo grande come me, pensavo. E invece no, non ha nessun ragazzo. Allora perché diamine fuggi? Perché scappi da me? Non riesco proprio a capire.
L'unica possibile risposta è che io sia davvero quell'essere spregevole che tutti pensano che io sia.
Un essere spregevole. SPREGEVOLE.
Ci provo, ci riprovo, mi affaccio, mi sporgo, ma niente. Lei scappa, mi scappa.
Poi un giorno, dopo mesi di sassolini lanciati nell'acqua, dopo mesi di tentativi morti prima ancora di essere nati, un giorno, la vedo. Era un giorno qualsiasi, anzi era una sera qualsiasi. La sera di una qualsiasi festa della scuola. Un mercoledì sera come ce ne sono stati a centinaia di miliardi nella storia dell'universo. Un mercoledì sera la vedo con un ragazzo.
Un ragazzo più piccolo di me. Un'altra merdosissima ombra schiacciata dal peso della propria infinita banalità. Banale, sei banale! Pensavo a quanto doveva essere banale quell'infima ombra disumana mentre la vedevo conversare col mio amato angelo rosso. Banale come il grigio noia sporco dell'asfalto. Banale come un mondo che continua a ruotare senza mai fermarsi. Banale come le villette di un quartiere residenziale. Banale, sei banale!
Eppure di colpo, di prepotenza, ad un certo momento, in un certo istante, attimo fisso immodificabile della storia dell'universo, lui la bacia. Di prepotenza, la stringe a sé, la avvicina al proprio corpo, e BUUUUM! Le loro labbra impattano l'una contro l'altra. L'esplosione di una nuova bomba atomica.
Me ne tornai a casa. Nella testa mi rimbombava un rumore stridulo di motoseghe che tagliano ossa umane. ZIIII, ossa umane tagliate, carne, muscoli vivi che si contorcono per il dolore. E poi ossa ossa ossa, sangue.
La strada era buia. Non più grigia, ma nera. Tutta nera. I lampioni si susseguivano infiniti illuminando di rosso qualche chiazza malata d'asfalto.
Il rumore si acuiva, sempre di più, aumentava di volume, fracassandomi il cervello. Premevo le mani sulle tempie nella speranza di limitare il dolore. Premevo più forte che potevo. BASTABASTABASTA!!!
Il dolore non si fermava mai.
Arrivai a casa. Non dormii tutta la notte a causa di quel maledettissimo rumore.
Perché lui sì? Perché io no?
Quando sorse il sole, capii.
Uscii di casa con un coltello nella cartella. Barcollando come un ubriaco mi diressi a scuola.
Tutti mi guardavano, per strada, all'ingresso dell'edificio, nella mia classe. Tutti mi guardavano. Sembravano chiedersi: “ma cos'ha? Cosa gli è successo?”
Guardatemi pure, guardatemi finché non capirete anche voi la distanza che ci separa.
Le ore passavano. Mi alzai dal banco e senza chiedere niente a nessuno uscii dall'aula con la mia piccola sacca sulle spalle. Tutti mi guardavano, ma a nessuno glie ne fregava un cazzo. Rimanevano saldi, fissi, immobili, morti nella loro solidissima indifferenza. Non c'è niente di peggio dell'indifferenza di chi ti circonda. Anzi, mi sbaglio. C'è qualcosa di peggio.
Scivolai tra i corridoi della scuola, senza meta alcuna. Finché non mi accorsi di essere di fronte alla sua classe, alla classe di lei, alla classe del mio angelo senza ali, il mio angelo d'amore. Rimasi fermo di fronte alla porta ad ascoltare le voci, le voci le voci voci voci voci. Parole vaghe si disperdevano nell'aria. Domande, risate, battute, applausi.
Un ragazzo chiese di andare in bagno. Uscendo dall'aula mi vide imbambolato che lo guardavo. Lo guardavo con invidia. Mi sarebbe piaciuto essere come lui. Essere un deficiente a cui non interessa nulla di nulla, nulla di tutto. Un ragazzo che ride, che canta, che suona, che scherza.
Quando scomparì dalla mia vista aprii la cerniera della mia cartella.
Estrassi un coltello. Entrai nella classe. Tutti mi guardavano, ma a nessuno glie ne fregava un cazzo di me.
Qualche passo verso di lei con il coltello in mano.
“Cosa vuoi?”
“Ti amo”
Poi con tutta la mia forza le conficcai l'arma nel petto, che come un cavatappi penetrò in profondità. Un fiotto di sangue fuoriuscì a fontanella bagnando il di lei volto. Il suo viso sporco di schizzi rossi, il mio viso sporco di schizzi neri. Le diedi un bacio abbracciandola, stringendola a me. Sangue misto a saliva colpì le mie papille gustative. Non me ne frega più un cazzo di niente. Del mondo, di me stesso. IO IO IO IO, IO NON ESISTE! Mi importa solo di adesso, di te, di te, di te. Dei tuoi occhi della tua pelle della tua schiena delle tue mani delle tue labbra, mi importa solo di te, punto.
Viva l'amore!
Post 1.01
C'è ben poco da dire.
Nel lontano gennaio del 2008 successe una cosa sconvolgente. Sconvolgente per me, ma assolutamente normale per qualsiasi persona dotata di buon senso.
Ero a scuola. In quel periodo ero invaghito di una ragazza con cui non avevo alcuna speranza. Costei era molto bella e aveva un ragazzo, io ero molto stupido, per nulla bello e con un quoziente intellettivo pari a quello di una scimmia. Nei mesi precedenti avevo tentato di avvicinarmi a questa povera fanciulla, ma sempre e solo in maniera goffa e sconclusionata. Tutto ciò che facevo doveva apparire molto buffo agli occhi di costei, che sicuramente non mi prendeva nemmeno in considerazione. Io ne ero perfettamente conscio, quindi ero anche un pelo sconfortato.
Dunque ero a scuola ed ero sconfortato. Seguivo le ore di lezione immerso nella noia quotidiana.
Noia noia noia e solo noia.
Poi per caso accadde il miracolo.
Alzo la mano e chiedo di recarmi al bagno. "Scusi, esco un attimo"
E così son uscito.
Nel mentre in cui la porta della mia classe si sta richiudendo alle mie spalle, mi accorgo dell'esistenza di dio. Vedo uscire dall'aula accanto una ragazza di una bellezza sconfortante. Qualcosa di indefinibile.
Devo stare attento a questa ragazza. E' troppo bella, sicuramente me ne innamorerò.
Di fatti così accadde. A furia di rivederla dopo qualche mese incominciai ad averne bisogno.
BISOGNO!
Il miracolo era accaduto, ma ora che fare? Dovevo avvicinarmi a lei in qualche modo, ma come?
Una questione che chiunque risolverebbe in pochi secondi io non sono riuscito a risolverla in più d'un anno di tempo. Ciò perché sono estremamente stupido e incompetente, un vero e proprio disabile del love affair.
E così dopo un anno e mezzo di ridicoli tentativi non è successo assolutamente niente. O meglio, qualcosa è successo. Lei probabilmente mi deve odiare a morte, considerandomi una specie di stalker. Io, data la mia incapacità mediatica, non sono riuscito a rivolgerle la parola oltre che in un paio di situazioni, ma sempre con esiti tutt'altro che soddisfacenti.
Conclusione della storia:
è arrivata l'estate e io ho gli esami di stato, mentre lei, che ha tre anni in meno, probabilmente adesso si sta godendo il caldo giocando con gli amici.
Ma il grande problema è che io non la rivedrò mai più. Sob sob, che tristezza.
Ordunque la mia geniale soluzione è stata quella di aggiungerla su MSN, dopo aver trovato il suo contatto sull'annuario scolastico. Peccato che non abbia nemmeno il coraggio di salutarla su MSN.
Perché? Perché sono un IDIOTIC NERD del livello più avanzato.
Mioddio, che sfigato...
Nel lontano gennaio del 2008 successe una cosa sconvolgente. Sconvolgente per me, ma assolutamente normale per qualsiasi persona dotata di buon senso.
Ero a scuola. In quel periodo ero invaghito di una ragazza con cui non avevo alcuna speranza. Costei era molto bella e aveva un ragazzo, io ero molto stupido, per nulla bello e con un quoziente intellettivo pari a quello di una scimmia. Nei mesi precedenti avevo tentato di avvicinarmi a questa povera fanciulla, ma sempre e solo in maniera goffa e sconclusionata. Tutto ciò che facevo doveva apparire molto buffo agli occhi di costei, che sicuramente non mi prendeva nemmeno in considerazione. Io ne ero perfettamente conscio, quindi ero anche un pelo sconfortato.
Dunque ero a scuola ed ero sconfortato. Seguivo le ore di lezione immerso nella noia quotidiana.
Noia noia noia e solo noia.
Poi per caso accadde il miracolo.
Alzo la mano e chiedo di recarmi al bagno. "Scusi, esco un attimo"
E così son uscito.
Nel mentre in cui la porta della mia classe si sta richiudendo alle mie spalle, mi accorgo dell'esistenza di dio. Vedo uscire dall'aula accanto una ragazza di una bellezza sconfortante. Qualcosa di indefinibile.
Devo stare attento a questa ragazza. E' troppo bella, sicuramente me ne innamorerò.
Di fatti così accadde. A furia di rivederla dopo qualche mese incominciai ad averne bisogno.
BISOGNO!
Il miracolo era accaduto, ma ora che fare? Dovevo avvicinarmi a lei in qualche modo, ma come?
Una questione che chiunque risolverebbe in pochi secondi io non sono riuscito a risolverla in più d'un anno di tempo. Ciò perché sono estremamente stupido e incompetente, un vero e proprio disabile del love affair.
E così dopo un anno e mezzo di ridicoli tentativi non è successo assolutamente niente. O meglio, qualcosa è successo. Lei probabilmente mi deve odiare a morte, considerandomi una specie di stalker. Io, data la mia incapacità mediatica, non sono riuscito a rivolgerle la parola oltre che in un paio di situazioni, ma sempre con esiti tutt'altro che soddisfacenti.
Conclusione della storia:
è arrivata l'estate e io ho gli esami di stato, mentre lei, che ha tre anni in meno, probabilmente adesso si sta godendo il caldo giocando con gli amici.
Ma il grande problema è che io non la rivedrò mai più. Sob sob, che tristezza.
Ordunque la mia geniale soluzione è stata quella di aggiungerla su MSN, dopo aver trovato il suo contatto sull'annuario scolastico. Peccato che non abbia nemmeno il coraggio di salutarla su MSN.
Perché? Perché sono un IDIOTIC NERD del livello più avanzato.
Mioddio, che sfigato...
Post 1.0
In questo momento sto ascoltando i Girugamesh, un gruppo Visual Kei giapponese. Probabilmente molti di voi (come se qualcuno leggesse...) non hanno la più pallida idea di cosa sia un gruppo Visual Kei. Vi riuncuoro dicendovi che nemmeno io sono un gran fan di tale genere e che sono finito ad ascoltare i Girugamesh praticamente per caso.
Perché sto scrivendo tutto questo? In realtà per nessun particolare motivo.
Ieri, mentre rimuginavo sul perché e sul percome mi sia venuto in mente di scrivere un Blog, ho contattato un amico, Pierre, che ho sempre considerato come una sorta di GURU dei Blog e gli ho chiesto qualche delucidazione.
Alla domanda: "ma cosa dovrei scrivere su un Blog???"
Sostanzialmente m'ha risposto: "di solito ci si scrive i propri cazzi e mazzi quotidiani; perché, tu che pensavi di scriverci?"
In realtà non avevo nessuna idea, non che ora ne abbia una ovviamente... così giusto per iniziare ho deciso di seguire il suo consiglio e di scrivere un po' dei miei cazzi e mazzi.
Cazzi e mazzi a un'euro! Venite, venite! Offerta speciale per tutti coloro che leggono questo Blog (nessuno). Prendi due e paghi uno!
E allora se cazzi e mazzi devono essere, cazzi e mazzi saranno.
Anche se sinceramente non ho gran che da raccontare.
Vabbhe, incomincerò con quello che tutti vogliono sapere. Cioè il fulcro centrale dell'esistenza di un povero sfigato nerd come me che ha un sacco di tempo da sprecare: i problemi sentimentali.
Alla fine tutto ciò che ho di interessante da raccontare sta lì, che vi piaccia o meno. L'unica alternativa è che mi metta a scrivere racconti di fiction o pseudofiction (e fa tempo debito farò anche questo).
Ok, iniziamo con la My Story. Ma dal prossimo post, che ora devo studiare.
Perché sto scrivendo tutto questo? In realtà per nessun particolare motivo.
Ieri, mentre rimuginavo sul perché e sul percome mi sia venuto in mente di scrivere un Blog, ho contattato un amico, Pierre, che ho sempre considerato come una sorta di GURU dei Blog e gli ho chiesto qualche delucidazione.
Alla domanda: "ma cosa dovrei scrivere su un Blog???"
Sostanzialmente m'ha risposto: "di solito ci si scrive i propri cazzi e mazzi quotidiani; perché, tu che pensavi di scriverci?"
In realtà non avevo nessuna idea, non che ora ne abbia una ovviamente... così giusto per iniziare ho deciso di seguire il suo consiglio e di scrivere un po' dei miei cazzi e mazzi.
Cazzi e mazzi a un'euro! Venite, venite! Offerta speciale per tutti coloro che leggono questo Blog (nessuno). Prendi due e paghi uno!
E allora se cazzi e mazzi devono essere, cazzi e mazzi saranno.
Anche se sinceramente non ho gran che da raccontare.
Vabbhe, incomincerò con quello che tutti vogliono sapere. Cioè il fulcro centrale dell'esistenza di un povero sfigato nerd come me che ha un sacco di tempo da sprecare: i problemi sentimentali.
Alla fine tutto ciò che ho di interessante da raccontare sta lì, che vi piaccia o meno. L'unica alternativa è che mi metta a scrivere racconti di fiction o pseudofiction (e fa tempo debito farò anche questo).
Ok, iniziamo con la My Story. Ma dal prossimo post, che ora devo studiare.
World's End Lover
Yohoho, mi presento. Non che a qualcuno al mondo possa in qualche modo interessare, però lo faccio lo stesso. Più che altro perché sono una persona estremamente masochista, perditempo-perdigiorno-perditutto. Perdo tutto. Tant'è che ho perso perfino il motivo per cui ho deciso di aprire un Blog. In realtà credo di non averne mai avuto uno, di motivo intendo (non che io abbia mai scritto qualcosa di pressoché simile ad un Blog).
Più che altro non vedo proprio quale possa assere l'utilità nell'esistenza di un Blog.
A che serve? Niente suppongo.
Però lo faccio lo stesso... lo dicevo che sono masochista.
Magari dato che proprio m'è presa questa incomprensibile voglia metterò online qualche breve racconto scritto qua e là tra un panino e l'altro.
Dopo tante parole non mi sono nemmeno presentato. Ma alla fine chissene frega.
Una grande scoreggia in faccia a tutti. Divertitevi, amatevi, picchiatevi e giocate a bim bum bam.
Addio
Più che altro non vedo proprio quale possa assere l'utilità nell'esistenza di un Blog.
A che serve? Niente suppongo.
Però lo faccio lo stesso... lo dicevo che sono masochista.
Magari dato che proprio m'è presa questa incomprensibile voglia metterò online qualche breve racconto scritto qua e là tra un panino e l'altro.
Dopo tante parole non mi sono nemmeno presentato. Ma alla fine chissene frega.
Una grande scoreggia in faccia a tutti. Divertitevi, amatevi, picchiatevi e giocate a bim bum bam.
Addio
Subscribe to:
Posts (Atom)